Il Flamenco è la musica del popolo nomade dei gitani che durante le loro migrazioni hanno attraversato tutto il medio oriente e il mediterraneo; è la forma d’arte del popolo errante attraverso i secoli che dopo un lungo peregrinare trovò una collocazione in Spagna, dove divennero stanziali mescolandosi ad altri gruppi di cultura araba.
Precisamente l’Andalusia, regione con una secolare tradizione culturale e scientifica improntata alla multietnicità, è il luogo dove la tradizione gitana ha trovato le condizioni più adatte per la propria integrazione.
Il termine flamenco (che in spagnolo significa fenicottero) deriva dall’unione dalla parole arabe “felag” (contadino) e “mengu” (errante – fuggitivo) e nel XVIII secolo ebbe la sua connotazione linguistica come sinonimo di gitano. Una prova ne abbiamo esaminando la “Cartas Marruecas di Cadalso” del 1774, uno dei primi documenti storici su questo tema, dove tale musica viene esplicitamente attribuita ai gitani.
Ecco perché definire il flamenco solamente una danza o un genere musicale è forse restrittivo. Esso è entrambe le cose, ma il significato è ancora più alto: è una forma di rappresentazione teatrale di vita, è il modo gipsy di raccontare le proprie esperienze.
Il Flamenco è la storia e la cultura del mondo gitano.